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Immagine del redattoreGiuliano Dottori

Oh, Patrick


L'amore per Patrick Watson è cominciato nel 2009. Non lo sto nemmeno a dire chi è Patrick Watson: dico solo che è forse l'unico artista che non mi delude mai, che non mi ha mai deluso. Si muove fra il folk, i ritmi caraibici, il rock, le ballad piano e voce e scrive canzoni mai banali, mai ovvie, dove c'è sempre un disegno sotto la superficie e se hai voglia di grattare sotto il disegno c'è un affresco e se scavi poi trovi una porta che si apre su un'alba in un piccolo paese di mare in Algarve. Per comodità chiamerò questo tipo di scrittura Inception, un tipo di scrittura che ti porta sempre più dentro, che amplifica (a volte in malo modo) ciò che ti passa per la testa, ciò che hai lì, in fondo al cuore. La scrittura di tipo Inception è quella che preferisco, perché è quella che regala alle canzoni una vita pressoché infinita. Ed è ovviamente un tipo di scrittura che pochi si possono permettere e che comporta enormi rischi. Ne riparlerò prossimamente.


Così, dal niente, mentre ero in viaggio con il mio amico Claudio alla volta delle terre marchisciane, è spuntata questa nuova canzone di Patrick, "Melody Noir".

Oh, Patrick.

Come mi porti via facilmente.

Come mi rendi immensamente triste.

Come mi rendi immensamente felice.

Dentro "Melody Noir" c'è Harry Belafonte, c'è Modugno, c'è Piovani, ci sono i Calexico e molto, moltissimo altro.

Patrick, grazie, ancora una volta.


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